Venerdì 6 dicembre alle ore 17.30 a Palazzo Incontri: I marchesi Gerini, grandi collezionisti nella Firenze barocca.

Pubblicato il 4 Dic 2013

Venerdì 6 dicembre alle ore 17.30 a Palazzo Incontri: I marchesi Gerini, grandi collezionisti nella Firenze barocca.

Monumentale ricerca in due volumi di Martina Ingendaay

La presentazione, col professor Carlo Sisi, venerdì 6 dicembre alle ore 17.30 a Palazzo Incontri (Via dei Pucci 1)

E’ un prezioso contributo agli studi sulla storia del collezionismo la monumentale ricerca di Martina Ingendaay, <<I migliori pennelli>>. I Marchesi Gerini mecenati e collezionisti nella Firenze barocca. Il Palazzo e la Galleria 1600-1825 (Biblion Edizioni, Milano 2013). In due volumi per complessive 700 pagine, che hanno richiesto anni di lavoro, l’autrice apre una inedita finestra sulla vocazione collezionistica di alcuni componenti di questa famiglia e dipinge un affresco che abbraccia 150 anni di mutazioni politiche e culturali della Toscana prima granducale e poi avviata al riformismo illuminista col governo dei Lorena.

L’intera opera sarà presentata, col sostegno dell’Ente Cassa di Risparmio di Firenze, venerdì 6 dicembre alle ore 17.30 a Palazzo Incontri (Via dei Pucci 1) alla presenza dell’autrice e del professore Carlo Sisi. Interverranno gli studiosi Liliana Barroero, Enrica Neri, Stella Rudolph, Marco Chiarini, Sergio Benedetti, Ettore Spalletti.

L’ascesa della famiglia Gerini, originaria della Val di Sieve, avvenne soprattutto nel Seicento e trova eloquente testimonianza nell’acquisto, nel 1650, di un palazzo rappresentativo in via Ricasoli, a pochi passi dal Duomo, abitato ancora dalla famiglia ed in parte adibito a uffici, e di importanti dimore di campagna. Molteplici le ragioni della fama conquistata dai Gerini nel campo delle promozioni delle arti e per le diverse forme di mecenatismo da loro praticate: il successo professionale di alcuni dei suoi membri, una evidente capacità professionale unita ad una certa intraprendenza, le ricchezze accumulate e consolidate fino a permettere un fasto quasi inaudito, la notorietà derivata da un impero commerciale, il raggiungimento di un elevato rango sociale coronato dal conferimento di un titolo nobiliare a Carlo d’Ottavio Gerini, gli incarichi amministrativi e diplomatici al servizio della corte granducale.

Una notorietà che ha in Andrea Gerini la più importante figura ‘intellettuale’ della famiglia nel Settecento. Raffinato e aggiornato collezionista di marcata indole illuminista, fu anche instancabile promotore di iniziative artistiche (per esempio le celebri Vedute incise di Zocchi), frequentatore di salotti letterari e di riunioni di intenditori, come emerge dal racconto di Martina Ingendaay che, per la prima volta, ha potuto studiare il vasto archivio di famiglia costituito da migliaia di volumi oggi conservati nell’Archivio di Stato di Firenze.

Il marchese dette al casato quel fasto e quella celebrità che resero la famiglia una delle più celebri dell’aristocrazia fiorentina dell’epoca, conosciuta anche fuori dai confini del granducato e addirittura Oltralpe. Con la sua figura il nome ‘Gerini’ divenne sinonimo di una ricca collezione privata sistemata in una prestigiosa dimora, aperta ai visitatori e presentata tramite un catalogo ragionato illustrato (il primo esempio in Italia), messo in circolazione in Europa e quindi accessibile ad un pubblico internazionale.

In questo contesto è di particolare interesse la dettagliata ricostruzione dell’assetto collezionistico del palazzo, condotta dall’autrice tenendo soprattutto presente il dato inventariale e storici¬stico senza tralasciare gli opportuni riferimenti al contesto sociale e culturale della Firenze contemporanea, come pure agli apporti nazionali ed internazionali convogliati a palazzo dalle frequentazioni diplomatiche della famiglia.

L’inizio dell’Ottocento vide questo patrimonio gravemente compromesso dalle difficoltà economiche contratte. Così l’asta della quadreria, tenutasi nel 1825 e comprendente oltre 300 dipinti, segnò la fine di questa gloriosa pagina del collezionismo fiorentino e la conseguente dispersione di una gran parte del patrimonio artistico conservato nel palazzo.

“Nel libro – scrive nella presentazione lo storico dell’arte Carlo Sisi – si respira del resto l’aria del tempo poiché i documenti restituiscono il pulsare instancabile dei cantieri, l’intreccio operoso delle maestranze attive tra città e campagna, le presenze di artisti e di ospiti concentrati sul dinamico progetto della Galleria, e, quasi fragranti istantanee di vita vissuta, fanno balenare all’immaginazione un fanciullo Gerini portato in campagna ad imparar la pittura o l’orologio d’oro regalato a Zocchi dal marchese Andrea nel 1742’’.

Martina Ingendaay, storica dell’arte, vive e lavora a Firenze come ricercatrice. E’ stata per molti anni collaboratrice del Kunsthistorisches Institut di Firenze e, dal 1986-1997, del Corpus of Florentine Painting sotto la direzione di Miklos Boskovits. Autrice di numerose pubblicazioni sulla pittura italiana dal Cinque al Settecento di maestri come Correggio, Ciro Ferri, Sebastiano Conca, Guido Reni, Salvator Rosa e Pompeo Batoni, ha svolto studi prevalentemente all’insegna del lavoro d’archivio. È stata co-autrice di uno studio monografico sullo storico tedesco Robert Davidsohn, padre della moderna storiografia fiorentina.

«I migliori pennelli».
I Marchesi Gerini mecenati e collezionisti nella Firenze barocca.

Il Palazzo e la Galleria 1600-1825
di Martina Ingendaay

Biblion Edizioni, Milano 2013 – Parte I: 391 pp., 281 figg., 54 tavole a colori; Parte II: 299 pp.
Prezzo dei due volumi 70 euro

 

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