Giovanni Colacicchi, il poeta col pennello. Grande mostra a Villa Bardini sostenuta dall’Ente Cassa

Pubblicato il 17 Apr 2014

Giovanni Colacicchi, il poeta col pennello. Grande mostra a Villa Bardini sostenuta dall’Ente Cassa

E’ dedicata a Giovanni Colacicchi, il poeta col pennello, la nuova grande mostra allestita a Villa Bardini. E’ sostenuta dall’Ente Cassa di Risparmio di Firenze, dalla Regione Toscana e dagli sponsor Unicoop Firenze e AON ed è promossa dal Comune di Firenze con la Fondazione Parchi Monumentali Bardini e Peyron e il Kunsthistorisches Institut in Florenz – Max-Planck-Institut.

La presentazione, stamani, alla stampa alla presenza dell’assessore alla cultura del Comune di Firenze Sergio Givone, del Vice Presidente dell’Ente Cassa Pierluigi Rossi Ferrini, dei curatori degli organizzatori.

Nella Firenze anteguerra di Montale e Dallapiccola, di de Chirico e Calamandrei, la Firenze dei caffè letterari e delle riviste prestigiose, Giovanni Colacicchi (1900-1992) fu una delle intelligenze artistiche eminenti, poeta musicofilo armato di pennello, interprete del moderno ritorno alla realtà e alla figura con cui in Europa si andò ricomponendo, dopo secoli, l’abbraccio umanistico tra parola, immagine e suono che aveva prodotto il miracolo del Rinascimento. Questa retrospettiva, a 20 anni dalla morte (‘Giovanni Colacicchi. Figure di ritmo e di luce nella Firenze del ‘900’, 18 aprile – 19 ottobre 2014) ha dunque il sapore della riscoperta di un gigante neofigurativo, celebrando, con la maestria del pittore, la straordinaria stagione creativa vissuta da quel microcosmo di intellettuali antifascisti (o semplicemente non fascisti) a dispetto di dittature, guerre e persecuzioni.

Sono esposte 80 opere per la curatela di due specialisti quali Mario Ruffini e Susanna Ragionieri (che firmano anche il catalogo Polistampa) e la consulenza scientifica di Carlo Sisi. Molti e importanti i prestiti di musei, collezionisti ed eredi (Piero e Francesco Colacicchi), mentre l’Ente Cassa di Risparmio di Firenze contribuisce con uno dei capolavori del pittore, per oltre mezzo secolo esposto nella hall dell’ex cinema Gambrinus. E’ la celebre Allegoria della danza, della musica, della commedia, della filosofia e della poesia per un cinematografo in cui Colacicchi concentra la sua estetica: l’ammirazione per la bellezza del corpo umano, l’amore per la natura, per tutte le arti, per i rapporti ideali tra le forme suggeriti dalla sezione aurea, la divina, rinascimentale proporzione di Luca Pacioli e Piero della Francesca. L’ opera è la summa di una pittura ricca di sole e sensualità mediterranee, melodiosa nella sua apparente semplicità, perfetta nella sua geometrica armonia.

Colacicchi era nato ad Anagni da famiglia gentilizia di osservanze pontificie e aveva ricevuto in seminario educazione classica e musicale in prospettiva di un futuro sacerdozio. Quando sedicenne si trasferì a Firenze dopo la morte della madre, si dette invece alla pittura arrivando rapidamente a virtuosismi magistrali. Espose presto opere di sapore metafisico (influenze di de Chirico poi superate) e presto si sposò, salvo innamorarsi follemente della giovane allieva Flavia Arlotta, lei stessa pittrice colta e raffinata, che sarà compagna devota di tutta la vita, musa, moglie e madre dei suoi figli. Colacicchi ha vissuto da protagonista gran parte delle vicende artistiche e culturali di tutto il Novecento. Fu tra i fondatori di Solaria, partecipò a numerose Biennali, assegnò e ricevette premi, ebbe più volte anche incarichi istituzionali, fu a lungo critico d’arte del quotidiano La Nazione. Schierato col Partito d’Azione, fu tra l’altro chiamato a presiedere la commissione che, a guerra finita, ebbe il compito di epurare dall’Accademia di Belle Arti gli insegnanti fascisti, tra cui, a torto o a ragione, Ottone Rosai e Primo Conti. Uomo d’azione Colacicchi lo fu anche nei fatti: nel 1918 si arruolò volontario negli arditi, salvo non arrivare mai in prima linea per la fine improvvisa della guerra. E resta negli annali la sfida a duello che, per difendere l’onore del maestro e amico Francesco Franchetti morto suicida, lanciò a Piero Bargellini. Duello al quale il futuro sindaco di Firenze si sottrasse dichiarandosi impedito dalla fede cattolica.

 

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